05/11/09

provare a scrivere

La scrittura provoca, chiama il lettore. Il teatro va incontro allo spettatore. Lettore e spettatore, entrambi in uno, ambigui nei ruoli, contesi perché necessari, scrutano la pagina e il sipario, cercano, nel loro modo, di avere, prendendo, quello che l'evento potrebbe dare. Non è detto che sia l'attesa di un senso oppure quella di un significato. Quello che ritorna è quello che manca, che non si crede più di poter avere; torna così solo il pensiero, che invece scava e colpisce sempre quello che nessun teatro e nessuna pagina hanno la capacità o la pietà di concedere. Di fronte a questo sentimento non si ha nessuna possibilità. La speranza vale come un inganno. La sofferenza sembra incombere insostenibile. Allora, la colpa della scrittura e del palcoscenico sovrastano ogni moto, per cui non si potrà più dire di essere pessimisti, mentre la depressione avrà il disprezzo della banalità. Questa è la condizione infelice di chi non prova a scrivere.


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